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In skateboard sulle passerelle dell’alta moda

Molti decenni prima di arrivare alle olimpiadi, lo skate con il suo abbigliamento street style ha invaso il mondo dell’high fashion

  • 16 settembre, 13:35
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Immagine pubblicitaria, uno skater con abiti Louis Vuitton, Ermenegildo Zegna, Dior, Vans, Rag & Bone

Di: Stefano Roncoroni

«Mettiti il capellino!», o «Mettiti la cuffia!»: c’è stata un’epoca dove le mamme rincorrevano e urlavano queste parole inutili alla loro prole. Perché una volta, mettersi qualcosa sulla testa, era una cosa un po’ da sfigati, molto prima che diventasse trendy. Merito di questo cambiamento? Lo skateboard e lo stile di abbigliamento legato alla tavola con le ruote.

Lo skateboard nasce negli anni ’50 in California: alcuni ragazzi appassionati di surf cercano un modo di usare la tavola anche quando le onde in mare non ci sono: applicano sotto una piccola asse di legno delle ruote in acciaio. Non a caso lo skate, all’inizio, viene anche chiamato sidewalk surfing, ossia “surf da marciapiede”. Sugli scaffali dei negozi l’oggetto arriva nel 1959.

Ma quanto è CULT lo skate?

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Lo skateboard moderno, quello che conosciamo oggi, però nasce molti anni dopo, nell’estate del ’75. In questo caso, non mancano solo le onde del mare, manca proprio l’acqua: per la siccità, le piscine sono vuote, una crew di skater, i leggendari “Z-Boys”, comincia ad invadere illegalmente le piscine private della zona di Dogtown, in California. Nascono le acrobazie, i tricks, un immaginario e uno stile di vita che non sono più spariti.

Oggi, lo skateboard è anche alle olimpiadi. Ma la sua uscita dal mondo alternativo e underground è già avvenuta decenni fa. In gran parte, tutto merito dell’abbigliamento da skate, che, negli anni ’80, invade la moda di massa. Ecco le cuffie con il logo, le felpe con il cappuccio, i cappellini, certi tipi di scarpe da ginnastica.

Conoscere uno street style è una cosa, poterne adottare rapidamente i look è un’altra. Ora, però, grazie alla rapida realizzazione dei campioni, a una produzione ancora più rapida e a una manodopera a basso costo, i grandi gruppi della moda sono in grado di diffondere in lungo e in largo una versione surrogata delle ultime tendenze di stile che provengano dalle passerelle o dalla strada

100 idee che hanno rivoluzionato lo street style, Josh Sims, Logos

E con la Supreme si arriva la paradosso che quello che una volta era “street” e ultrademocratico, oggi è costoso, d’élite, comprato e indossato da persone che non c’entrano niente con lo skate. Ma non solo, la Supreme è corteggiatissima nel mondo della moda, collabora con marchi stile Timberland, Lacoste, Stone Island o Louis Vuitton, che ha addirittura portato il marchio di origine skate sulle passerelle dell’alta moda già nel 2017.

La cosa incredibile è che anche se lo skateboard è salito sulle passerelle e sui podi olimpici, è riuscito a mantenere sempre miracolosamente un’aurea underground, sottoculturale, o addirittura, controculturale. Merito anche di un certo alone di illegalità della pratica in ambiente urbano, di uno stretto rapporto con il punk, hip hop e il metal, dell’arrivo costante di nuove giovanissime leve che salgono sulla tavola.

Anche se sfruttata commercialmente, questa cultura mantenne un forte elemento di nicchia, con svariate fanzine fedeli dall’originario approccio fai-da-te fatto di tavole realizzate assemblando selvaggiamente parti di pattini e rotelle e pezzi di compensato. Lo stesso approccio ha trasformato un abbigliamento maschile fatto di serigrafie da garage e personalizzazioni casalinghe in un’importante settore della moda.

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