Ticino e Grigioni

Abusi sulla figlia, un padre a processo

I fatti sarebbero avvenuti un ventennio fa nel Locarnese; indagini scattate dopo la scoperta, nel 2022, di decine di migliaia di file a carattere pedopornografico sui dispositivi elettronici dell’imputato

  • Ieri, 20:09
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Foto archivio

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Di: Quot./RSI Info

Trenta mesi di carcere da espiare, e l’espulsione dalla Svizzera per sette anni. È questa la pena chiesta oggi, giovedì, alle Assise Criminali, per un 65enne italiano che oltre un ventennio fa avrebbe abusato della figlia. L’uomo è accusato anche di avere scaricato oltre 30’000 file a carattere pedopornografico.

Sono trascorsi più di vent’anni da quando, nel 2001, il caso venne segnalato per la prima volta alle autorità penali. Con le parole di una bimba, la vittima aveva descritto alla nonna quanto subito dal papà. Gli inquirenti non ritennero però sufficienti gli indizi raccolti, e la vicenda fu archiviata senza nemmeno sentire l’uomo.

La svolta nel 2022

Poi la svolta. Nel 2022 la polizia trovò, sui suoi dispositivi elettronici, decine di migliaia di foto a carattere pedopornografico. Compreso un fotomontaggio realizzato con l’immagine della figlia da piccola. Le indagini vennero dunque riattivate, e oggi il 65enne italiano è comparso alla sbarra anche (e innanzitutto) per rispondere dei soprusi – come sostiene l’accusa – perpetrati allora. Toccamenti e strusciamenti, avvenuti nel Locarnese tra il 2000 e il 2002.

L’imputato nega

Fatti che lui ha fermamente negato. “Non ho mai messo le mani su mia figlia. I bambini non mi interessano.” Lo ha ripetuto pure in riferimento alle immagini, scaricate a partire dal 2014. Più di 30’000 i file con minorenni recuperati dalla polizia. “Li ho salvati, sì, ma senza guardarli. Mi servivano solo per accedere agli altri. Quelli che raffiguravano scene di violenza tra adulti.”

Caso di pedopornografia fa riemergere il passato

Il Quotidiano 19.09.2024, 19:00

“Sento il rumore delle sue unghie, dal tanto che cerca di arrampicarsi sui vetri” – ha replicato il giudice Amos Pagnamenta. Il 65enne ha mantenuto comunque la sua linea. Ha contestato anche la condanna già inflittagli in Italia, nel 1989, per atti di libidine. Così come ha respinto le conclusioni della perizia psichiatrica, sfociata appunto in una diagnosi di pedofilia.

“Ha abusato di una bambina che era suo compito proteggere. L’ha trattata come un oggetto per soddisfare i propri bisogni.” Queste le parole del procuratore pubblico Pablo Fäh, che ha chiesto una pena di 30 mesi di carcere (interamente da espiare). L’accusa ha domandato inoltre l’espulsione dell’imputato dalla Svizzera per 7 anni e l’interdizione, a vita, di qualsiasi attività a contatto con i minorenni. Oltre all’obbligo di seguire il trattamento ambulatoriale suggerito dal perito.

La difesa

La difesa si è battuta per il proscioglimento dai reati legati alla figlia, opponendosi all’espulsione e ritenendo adeguata una pena di 20 mesi sospesi. La sentenza verrà comunicata domani, venerdì.

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