Società

L’imbarbarimento del linguaggio politico

Si sta scendendo sempre più in basso, ma la presenza femminile nelle presidenziali americane potrebbe disinnescare la volgarità verbale

  • 17 settembre, 14:07
Il dibattito televisivo tra Kamala Harris e Donald Trump
  • Keystone
Di: Red./Enrico Bianda

La sparata di Trump sui gattini non è cosa nuova. In Europa questa attitudine a denigrare in modo incivile, grottesco e inveritiero l’avversario è stata definita la macchina del fango. Essa ha avuto diverse declinazioni. Pensiamo, per fare un esempio flagrante, all’accusa del sangue che veniva rivolta agli ebrei, rimproverandoli di fare riti sanguinosi in occasione delle Pasque. Oppure pensiamo alle campagne politiche italiane dell’immediato dopoguerra, quando si diceva che i militanti del partito comunista mangiassero i bambini, per poi arrivare appunto ai migranti accusatati da Trump di mangiare i gattini.

Il linguaggio di Trump si inserisce in quella modalità che in letteratura viene chiamata incivile e che avrebbe l’obiettivo tipico della politica populista di avvicinarsi all’elettore, al cittadino, a chi ascolta. L’obiettivo è quello di superare la visione della classe dirigente come una classe che sta al di sopra dell’elettorato. Il rischio, però, è che di avvicinamento in avvicinamento queste espressioni diventano sempre più bestiali e alla fine risultano non solo incivili ma addirittura grottesche.

Carlo Sorrentino, Ordinario di Scienze Politiche all’Università di Firenze 

La retorica politica si sta spostando sempre più verso un registro aggressivo, denigratorio. Si sta assistendo a una sorta di radicalizzazione dei punti di vista.

La radicalizzazione dei punti di vista ha fatto nascere delle iperboli comunicative che portano a aggettivazioni esagerate oppure ad espressioni che hanno quasi del ridicolo come quella dell’aborto al 9º mese, oppure di mangiarsi gatti e cani. Però ci dà la misura di come, tutto sommato, una parte dell’elettorato non vuole credere a quello che si dice ma vuole infangare l’altra parte e creare una sorta di appartenenza: “ Ah sì, dagliele, fatti valere, facci vedere come sai fare”. Questo però vale solo nel breve termine, nel lungo termine invece produce sempre più sfiducia nei confronti del mondo politico in Europa come negli Stati Uniti e porta alla disaffezione.

Carlo Sorrentino, Ordinario di Scienze Politiche all’Università di Firenze 

Il fatto che ora Trump abbia di fronte un avversario donna potrebbe giocare contro questo linguaggio incivile e potrebbe indurre il candidato repubblicano a rivedere in parte la sua terminologia. C’è infatti una questione di genere per quanto concerne la volgarità verbale.

Devo dire che, andando un po’ a memoria, a certi livelli di volgarità come ci capita con Trump le donne non siano ancora arrivate e speriamo non arriveranno mai. E qui ipotizzo, senza alcun dato di ricerca, che nello scontro di cui stiamo parlando e poi quello che maggiormente ci interesserà nei prossimi due mesi il fatto che non c’è più dall’altra parte un coetaneo maschio, ma una donna più giovane, questo possa mettere in difficoltà un linguaggio così veemente. E lo dimostra il dibattito recente dove lei è stata molto brava da un lato a non temerlo, come a dire, io so ascoltare anche queste volgarità, so scendere a questo livello ma nello stesso tempo so distinguermi da questo livello.

Carlo Sorrentino, Ordinario di Scienze Politiche all’Università di Firenze 

Gattini e linguaggio politico

Alphaville 12.09.2024, 11:30

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