L’intervista

“In montagna bisogna essere capaci di usare bussola e cartina”

Massimo Bognuda, guida alpina e rappresentante di “Montagne sicure” , dopo la tragedia avvenuta in Vallese, ricorda di non fare affidamento solo sulle nuove tecnologie. “La preparazione di un’escursione è la base di partenza”

  • 23 marzo, 16:49

Tragedia sulle Alpi vallesane - Processo alla democrazia

Falò 21.03.2024, 21:10

  • RSI
Di: Falò/AlesS

La morte di sei scialpinisti avvenuta in Vallese a inizio marzo ha provocato molte emozioni. Partiti da Zermatt volevano percorrere il percorso della Patrouille des Glacires. L’intento era quello di passare dalla Tête Blanche per raggiungere Arolla. Un’escursione in alta montagna impegnativa, percorrendo un ghiacciaio. A 3’500 metri sono stati travolti da una tempesta. Il tempo, al mattino bello, è cambiato repentinamente. Tutto è diventato indistinguibile. I soccorsi si sono subito mobilitati, potendo contare sulle ultime tecnologie. Tutto inutile. La montagna era impraticabile. I corpi senza vita di cinque di loro sono stati trovati dopo oltre 24 ore. Una persona è data ancora per dispersa. Quali insegnamenti trarre da una simile tragedia? Vi proponiamo le considerazioni di Massimo Bognuda, guida alpina e rappresentante delle guide alpine  di “Montagne sicure”, intervenuto a Falò.

“La preparazione di ogni gita, di ogni escursione è la base di partenza. Ancora una volta (nel caso vallesano, ndr) il fattore meteo ha giocato il ruolo principale”

C’è chi va in montagna non solo se è prevista una bella giornata, soprattutto gli appassionati. Uno dei punti importanti da tenere in considerazioni quando si organizzano gite ed escursioni è sapere quando è giusto continuare e quando è giusto tornare sui propri passi..

“Oggi possediamo molte informazioni: sulla meteo, sull’evoluzione del tempo. Bisogna conoscere anche dov’è il punto di non ritorno. Bisogna inoltre avere le antenne accese, perché il tempo può cambiare in fretta. Sta al singolo stare attento, guardarsi attorno e vedere cosa sta succedendo”.

Nel caso di Arolla, una persona non è stata bene. È un’eventualità che bisogna tenere presente?

“Certo. Quando si va in montagna bisogna prevedere un minimo di materiale, per eventuali riparazioni, e una piccola farmacia. Sappiamo che in caso di maltempo, l’elicottero non si può alzare in volo. Bisogna essere in grado di gestire la situazione da soli”.

Viviamo in un’epoca in cui possiamo contare su molti mezzi dove informarci. Anche le piattaforme social propongono consigli. Come valuta questa opzione?

“Rispondo così: sconnettersi dai social e connettersi con il proprio cervello. Sui social ci sono persone che dispensano consigli o che propongono formazioni senza essere qualificate. Bisogna informarsi in maniera corretta. Ricordo che esiste un registro cantonale dove sono iscritte persone diplomate che possono dare istruzioni di qualità”.

A proposito delle conoscenze di chi va in montagna, recentemente avete fatto un sondaggio con domande semplici su sentieri, bollettini, capacità di leggere un bollettino valanghe. Che fotografia è emersa?

“È un po’ la fotografia di quello che vedo sul terreno. Non c’è una conoscenza approfondita del terreno, viviamo in una nazione alpina, ma molte persone non sanno per esempio leggere un bollettino valanghe, la questione dei gradi di pericolo, l’esposizione… Se non si conoscono, non li si può mettere in pratica”.

E cosa dire della fiducia che riponiamo alle tecnologie come telefonini e GPS?

“Tante volte si fa troppo affidamento e di conseguenza si banalizza la preparazione. Ricordiamoci però che un telefonino senza batteria non funziona. Dobbiamo essere capaci di usare una bussola e una cartina per orientarci con questi mezzi. A me è capitato alla capanna Cristallina, una zona che conosco. Una volta mi sono dovuto fermare e prendere la vecchia bussola per orientarmi. C’era la luce diffusa, era tutto bianco e non si vedeva niente”.

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