L’Intervista

Jago, l’artista che il Guardian ha definito “il nuovo Michelangelo”

Dice alla RSI: “Per scolpire qualcosa bisogna prima romperla” - E ancora: “Camminando tra le mie opere esposte riconosco anche i miei fallimenti, che sono come le cadute che un bambino deve affrontare per imparare a camminare”

  • 17 settembre, 08:30
  • 17 settembre, 11:22

Jago

Strada regina 14.09.2024, 18:35

Di: Francesco Muratori

In quei vicoli stretti c’è sempre poca luce. Ma solo la luce del sole non riesce a insinuarsi nelle strettoie di Napoli, perché i vicoli risplendono di voci, volti e anche traffico. Il bucato è steso alle finestre e le vie brulicano di persone. I fruttivendoli fanno affari. Questo è il Rione Sanità, un affresco popolare di Napoli. Quella disordinata e caotica, in cui la povertà diventa esclusione sociale. Quella da cui è difficile uscire e che ti porti addosso come la nomea insopportabile di generalizzare di essere tutti malavitosi.

Ed è qui che parte il viaggio di Strada Regina - programma d’informazione religiosa della RSI - perché a Napoli lavora e scolpisce Jago, lo scultore italiano che il Guardian ha definito “il nuovo Michelangelo” e nel quartiere Sanità, in una Chiesa, dove ha costruito il suo primo museo.

La bellezza che salverà il mondo è qui: il museo è gestito da una cooperativa di ragazzi del quartiere che danno nuova vita e nuova “nomea” alla zona.

E Jago? Star dei social, imprenditore, artista contemporaneo, “erede” dei grandi scultori rinascimentali, ma chi è veramente?

A 24 anni è stato selezionato per partecipare alla 54a edizione della Biennale di Venezia, dove ha esposto il busto in marmo di Papa Benedetto XVI, che gli è valso la Medaglia Pontificia. Quando il Papa nel 2013 annunciò le sue dimissioni, l’opera fu spogliata degli abiti papali prendendo il nome di Habemus Hominem.

Jacopo Cardillo, Jago, nasce a Frosinone (Italia, Lazio), nel 1987. Ha un curriculum di tutto rispetto, dalla Biennale d’arte di Venezia alle istallazioni a Roma, New York e Parigi, l’artista vive oggi un momento di grazia: le sue opere più note, il Figlio velato, la Pietà, Habemus Hominem (con il busto del Papa Benedetto XVI spogliato) e poi David, Venere, Aiace & Cassandra.

Dai nomi delle sue opere si comprende che esse restano fedeli alle tecniche del Rinascimento italiano, ma, ne resterete stupiti, dialogano davvero con il tempo che abitano. Osservano, prima di esprimere. Trattengono, prima di comunicare. Decostruiscono, prima di costruire. “Per scolpire qualcosa bisogna prima romperla”, dice Jago. “Camminando tra le mie opere esposte riconosco anche i miei fallimenti, che sono come le cadute che un bambino deve affrontare per imparare a camminare”.

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